lunedì 23 novembre 2009

PICCOLA “INDAGINE” SUI VALORI DI OGGI


Un episodio accaduto in classe mia qualche giorno fa durante l’ora di Religione mi ha indotto ad aprire e ad affrontare un argomento abbastanza delicato, con l’intenzione di chiuderlo definitivamente (non si noti la superbia che traspare da quest’ultima affermazione). Al giorno d’oggi sono tanti i temi di cui si parla spesso e volentieri; non di rado ci si imbatte in una conversazione che comprenda queste espressioni, in misura più o meno maggiore: «Hai saputo chi è stato eliminato dalla Casa?»; «Non aspetto altro che vedere la prima puntata dell’Isola dei Famosi!» ; «Come ti invidio, quanto vorrei avere anch’io quella felpa firmata!», ecc. Ebbene, l’elenco di queste “serissime riflessioni”, che la gran parte della società si pone, sarebbe realmente infinito; per dirla breve, non basterebbe neppure un rotolone Regina per contenerlo. Ma se realmente ognuno di noi si sforzasse un po’ ad attivare quelle potenziali funzioni proprie dei neuroni (ammesso e non concesso che non siano troppo occupati nel trasmettere informazioni sull’ultima acconciatura di Moira Orfei piuttosto che sulla scarpe del nuovo tronista di Uomini&Donne), la domanda sorgerebbe spontanea, forse quasi banale: “Ma nella nostra società conta maggiormente essere o apparire?”. Come risaputo, non sono il primo né l’ultimo (e qui sottolineo il carattere utopistico del mio iniziale proposito) a porsi quest’arduo quesito. Posso parlare, ad esempio, di colei che rimarrà per me la più grande poetessa italiana del Novecento, Alda Merini, che in una puntata dell’ormai famosissimo “Chiambretti Night” ha affrontato quest’argomento, con la capacità che solo i filosofi e i poeti possiedono: quella di compiere una sorta di astrazione dalla realtà, uno straniamento che li pone, come direbbe la buon’anima di Spinoza, “sub specie aeternitatis”, in uno stato che li rende in grado di guardare con obiettività il mondo che pur li circonda, ma del quale non fanno parte. Lungi dal considerarmi fornito di quei requisiti di cui tanto si sono vantati personaggi quali Cicerone o, saltando un bel po’ di secoli e kilometri, Dante o Ariosto, voglio esprimere la mia umile e modesta opinione che, non sbaglio azzardare, sarà certamente condivisa da molti. Come ho scritto inizialmente, animato da quell’impeto quasi megalomane che alcuni chiamano Musa e altri “eroico furore”, i valori su cui si basa oggi la nostra società, e in particolar modo la mia generazione, sono ben altri. Con questo non ho intenzione di fare di tutta l’erba un fascio, anzi coloro (e sono pochissimi) che sopravvivono a questa spietata mattanza compiuta da un oscurantismo mentale, meglio noto come ignoranza (intendendo con questo termine l’accezione più negativa che esso possa assumere), ne escono con maggiore dignità, più di quanta gli stessi possano pensare di averne. Diametralmente opposto è l’atteggiamento di alcune vere e proprie nullità, che, a differenza dei primi, ridono sulle proprie demenze mentali, quasi vantandosi della loro mancanza di valori, quali lealtà o compassione. E così, mentre scrivo, il professore di letteratura inglese descrive la figura del letterato romantico Byron e un po’ identifico questi “grand’uomini” con il famoso personaggio byroniano “Don Juan”, il quale altro non faceva che esaltare le sue “sexual prowess” (prodezze sessuali), sicuramente – deduco – per attirare l’attenzione verso altri organi, che non siano il cervello. O il cuore. Ebbene, non di rado mi capita di assistere alle conversazioni sopra accennate e non di rado penso “Ma cosa ci troveranno di così’ interessante? Non sarebbe meglio se imparassero qualcosina in più su Sallustio, Seneca ma anche su quella che è la vita reale, al di là di queste baggianate?”. Non ho mai trovato una risposta soddisfacente. La situazione si complica e diviene perfino drammatica se pensiamo che chi andrà a costituire la società del futuro non sarà un giovane Che Guevara o un piccolo Garibaldi ( che di ideali ne avevano eccome!), ma il tipo che incontri ogni mattina a scuola o per strada, che inserisce una bestemmia in ogni frase, per il gusto di essere considerato “figo” o quello che non vede oltre il proprio naso e che fa tutto per trarne personale vantaggio. Dove sono i valori che tanto venivano esaltati da poeti, letterati e storici di un tempo? Il rispetto, la cortesia, l’onestà e ultima ma non per importanza l’amicizia, quella vera, quella con la “a” maiuscola? Chi di noi non se lo chiede, mentre magari guarda l’ultima puntata de “La Fattoria” e gode del litigio di due oche, non riferendomi naturalmente alle povere bestiole? La risposta sta lì. Sono stati del tutto risucchiati da falsi esempi, che a loro volta ne hanno riproposti altri. E si parla, quindi, di jeans all’ultima moda (non li hai? Poveretto!), di acconciature da sballo, vengono proposti modelli da seguire che non sono più gli eroi di una volta, ne ho nominato qualcuno, non è più, cristianamente parlando, il Santo o la Santa o, sopra tutti, il Cristo, ma chi? Il vincitore del Grande Fratello, la nuova e trendyssima corteggiatrice di Uomini&Donne, perfino il ragazzo bestemmiatore citato in precedenza, che a sua volta diventa cattivo esempio per chi, come lui, non avendo una propria personalità, cerca a tutti i costi di rivestirne una, buona o meno che sia. Il motivo? Essere accettato. Essere accettato da questa società, che, a meno che non si prendano i dovuti provvedimenti (una bomba su Cinecittà?), altro non fa che presentare valori ed esempi sbagliati, in un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.



Luigi Tuccillo

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